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Senior co-housing: un nuovo modo di vivere la terza età


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La struttura di senior co-housing più recente in Italia è stata inaugurata a Torino lo scorso ottobre. Le abitazioni destinate agli over 65 si trovano in un elegante palazzina recentemente ristrutturata completa di tutti i comfort: dal servizio di telemedicina alla sala per concerti da camera.

Un passo in avanti notevole rispetto alla prima realtà italiana di questo tipo nata a Trento nel 2014. “Casa alla Vela”, questo il nome della prima “casa condivisa” italiana, ospita anziani e giovani (studenti universitari o lavoratori fuori sede) che condividono un’arricchente – e non convenzionale – esperienza di vita. Ma che dieci anni fa non disponeva dell’attuale ricchezza di servizi.

La telemedicina è il comune denominatore delle nuove strutture italiane di co-housing, come “Spazio Blu” a Roma, inaugurata lo scorso giugno, che ha visto la riqualificazione di un complesso di nove edifici di proprietà dell’Inps, per un totale di circa trecento appartamenti, dove il Policlinico Gemelli offre servizi di teleassistenza e teleconsulto, oltre alle visite domiciliari.

Ma in cosa consiste questo modello abitativo? Il senior co-housing rappresenta una scelta ideale per chi desidera vivere in modo attivo e partecipativo la terza età, mantenendo la propria indipendenza, ma circondandosi di una rete di supporto all’interno di una comunità solidale e attiva. Combattere la solitudine e allo stesso tempo mantenere la propria indipendenza: sono i principi che ne hanno ispirato la nascita.

Il senior co-housing è un modello abitativo molto diffuso soprattutto in nord America e in Europa. Questa tipologia abitativa combina alloggi privati con aree comuni come sale hobby, palestre, cortili o giardini, favorendo l’interazione sociale e il supporto reciproco tra i residenti. A differenza delle tradizionali case di riposo o delle residenze assistite, il senior co-housing si basa sull’autogestione da parte degli abitanti stessi. Condividendo risorse come trasporti e pasti comunitari, i residenti possono ridurre i costi individuali. Le spese vengono ottimizzate grazie alla condivisione degli spazi e degli acquisti per la comunità, rendendo il co-housing un’opzione spesso più economica rispetto ad altre soluzioni per anziani.

Con questa modalità abitativa si mantiene la propria indipendenza ma al tempo stesso si crea naturalmente un clima di mutuo aiuto: ci si supporta nelle piccole incombenze quotidiane, come fare la spesa, cucinare o svolgere manutenzioni. Questa collaborazione riduce il bisogno di ricorrere a servizi di assistenza esterni, permettendo di vivere autonomamente più a lungo. La condivisione e il sostegno reciproco generano fiducia e serenità, migliorando il benessere psicologico e la qualità della vita. Da uno studio condotto negli Stati Uniti è emerso che le persone anziane che vivono in strutture di co-housing siano in grado di essere autosufficienti per dieci anni in più rispetto alle persone che vivono sole.

Le case condivise per anziani nascono in seguito alle nuove tendenze demografiche che vedono un progressivo invecchiamento della popolazione, ma anche per dare una soluzione alla crescente necessità di attenzione alla qualità della vita degli over 65, all’invecchiamento attivo e all’erogazione di prestazioni sanitarie che evitino o almeno riducano il ricorso ai ricoveri in ospedale.

Secondo l’Istat nel 2050 la quota degli over 65 passerà dal 23,5% al 34,9% e tra circa 20 anni vi saranno 10,2 milioni di persone destinate a vivere sole. La crescita della popolazione anziana renderà necessario un più ampio ventaglio di politiche sociali ed assistenziali in favore delle persone anziane, anche di tipo abitativo.