“Gli anziani, o come preferisco chiamarli “i diversamente giovani”, rappresentano una grande risorsa della nostra società, da valorizzare adeguatamente. Un esempio evidente è il ruolo svolto dai nonni che sostengono le famiglie e si prendono cura dei nipoti”. Lo ha detto il Presidente dell’INPS Gabriele Fava nel corso della presentazione del XXIII Rapporto Annuale avvenuta questa mattina a Roma, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
“Nel 2050 i cittadini con 65 anni e più potrebbero rappresentare fino al 35% della popolazione nazionale e questo determina la necessità di ripensare l’attuale sistema di welfare – ha aggiunto – l’aumento del peso di questa fascia di popolazione rispetto a quella in età lavorativa andrà di pari passo con la crescita dei consumi legati a questa categoria, alimentando la cosidetta silver economy, e rendendo indispensabili politiche di invecchiamento attivo ed age management”.
“L’invecchiamento della forza lavoro – ha continuato – ha implicazioni socioeconomiche e dall’analisi dei bisogni, non solo di welfare, emergono nuove esigenze che si traducono in opportunità e mercati mergenti (dal turismo, all’housing sociale e all’intrattenimento nonché all’assistenza sanitaria), generando domanda di nuove professionalità e prospettando nuove esigenze formative, per cui diventa fondamentale il ruolo del tessuto scolastico e accademico. La silver economy può diventare un’opportunità per tutto il sistema economico”.
I numeri del XXIII Rapporto
Il numero di pensionati, secondo il Rapporto illustrato da Fava, è sostanzialmente stabile, intorno ai 16 milioni, di cui il 52% femmine. Per quanto riguarda il genere dei beneficiari, l’incidenza delle prestazioni previdenziali sul totale delle liquidate è maggiore per i maschi rispetto alle femmine, che invece beneficiano in misura maggiore di pensioni e assegni sociali e trattamenti di invalidità civile. Per quanto riguarda poi gli importi medi delle prestazioni, il divario di genere per le prestazioni liquidate nel 2023 è stabile al 27%.
I divari più elevati si riscontrano nelle regioni dove gli importi medi delle prestazioni sono più elevati. In Veneto, Trentino-Alto Adige, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia, le donne percepiscono un trattamento che è inferiore a quello degli uomini di oltre il 30%. I divari più contenuti si registrano in Calabria, Sardegna e Campania.
La spesa pensionistica
La spesa pensionistica lorda per le pensioni, recita il Rapporto, è pari a circa 347 miliardi di euro. Dei pensionati italiani il 96% circa percepisce almeno una prestazione dall’INPS con una spesa di 338 miliardi: oltre la metà di tale spesa è destinata a pensioni di anzianità o anticipate, seguite dalle pensioni di vecchiaia e dalle pensioni di reversibilità (al superstite). Oltre la metà della spesa pensionistica totale è stata per pensioni di anzianità e anticipate, seguite da pensioni di vecchiaia e pensioni al superstite. Le prestazioni assistenziali (agli invalidi civili e pensioni/ assegni sociali) hanno assorbito l’8% del totale.
In pensione in media a 64,2 anni, rischio squilibri
L’elevato livello di spesa per pensioni, si legge nel Rapporto, riflette due caratteristiche del sistema previdenziale italiano. La prima riguarda l’età di pensionamento: nonostante l’età per l’accesso alla pensione di vecchiaia sia a 67 anni, il livello più alto nell’Unione europea, l’età effettiva di pensionamento è ancora relativamente bassa (64,2), a causa dell’esistenza di numerosi canali di uscita anticipata dal mercato
del lavoro. Inoltre, secondo il Rapporto, l’Italia, considerando gli equilibri demografici (tanti anziani che percepiscono pensioni e pochi giovani che pagano i contributi) paga pensioni ancora ‘generose’.
“Le previsioni Eurostat per l’Ue relative agli andamenti demografici – si legge – fanno presagire un peggioramento del rapporto tra pensionati e contribuenti, con rischi crescenti di squilibri per i sistemi previdenziali, soprattutto per quei paesi, come l’Italia, dove la spesa previdenziale è relativamente elevata”.
Rivalutate le pensioni del 7,1%
Rispetto al 2022, Informa infine il Rapporto INPS, l’importo lordo mensile medio delle prestazioni è aumentato del 7,1% per effetto almeno in parte della perequazione, per cui gli importi dell’anno 2023 sono stati rivalutati sulla base dell’indice ISTAT del costo della vita che ha registrato un aumento pari all’8,1%.
Il nuovo welfare generativo
“Ogni giorno 5 milioni di persone entrano in contatto con l’INPS, recandosi presso una delle sedi territoriali, attraverso i canali digitali o tramite migliaia di intermediari, come CAF, Patronati, consulenti del lavoro, commercialisti ed esperti contabili” – ha detto il Presidente dell’INPS. “Queste persone sono lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato, imprenditori, artigiani, commercianti, agricoltori, lavoratori domestici, dello spettacolo, della cultura, dello sport, e ancora genitori, famiglie, giovani e donne in cerca di occupazione o in condizione di difficoltà, disabili, pensionati. La presa in carico dei bisogni di queste persone e la cura delle relazioni con tutte le istituzioni dello Stato e i corpi intermedi, è parte essenziale dell’identità dell’Istituto”. “Il welfare necessita di un cambio di passo e di prospettiva. La risposta alle nuove esigenze e ai nuovi bisogni può venire dal welfare generativo” – ha concluso.