I racconti di VerdEtà
Una delle cose inevitabili e imprescindibili che viviamo come abitanti del pianeta è l’alternarsi delle stagioni.
Possono subire modificazioni, alterazioni, seguire percorsi differenti, ma questo non cambia il loro continuo ritorno, ciclico e rassicurante.
Per me, da bambina, il riconoscimento di questo fenomeno stava nell’identificare l’inverno con il clima freddo, la neve, il Natale, i regali.
La primavera, invece, arrivava con le prime foglie sugli alberi, lo sbocciare dei fiori, il loro profumo diffuso e quel clima tiepido che, crescendo giorno dopo giorno, ci faceva togliere cappotti e giacche.
L’estate non si poteva certo nascondere: il sole presente per molte ore al giorno ci regalava la gioia delle vacanze, i colori vivaci, i profumi intensi, i frutti succosi e i giochi interminabili.
L’autunno, nei miei ricordi, comincia con il primo giorno di scuola in prima elementare.
Allora si iniziava il primo ottobre. Io indossavo il grembiule nero, con due pieghe davanti e due dietro, due tasche e… cucito in verticale sul braccio sinistro, il simbolo del numero uno in stile romano, accompagnato da un nastrino blu, lo stesso che usavamo per raccogliere trecce e capelli. A me era toccato il blu: avrei voluto il giallo o il rosso, colori che risaltavano di più sul nero del grembiule.
Neanche la maestra mi piaceva tanto: era piccolina e rotondetta, con i capelli raccolti. Ci faceva mettere in fila qualche minuto prima che suonasse la campanella, per uscire in fretta: il marito la veniva a prendere in auto e non voleva farsi aspettare.
Io invece avevo desiderato la maestra Adriana, che insegnava a mia sorella: era bionda, con i capelli a onde sulle spalle, usava il rossetto, portava i tacchi e veniva a scuola in bicicletta.
In seguito, l’autunno mi ha regalato molte altre storie, ricordi e sensazioni. Non posso pensare a questa stagione senza ricordare la prima poesia imparata a memoria: “La nebbia agli irti colli…”, mai più dimenticata.
Abbiamo sostituito il profumo delle vacanze, piene di colori accesi, del sole estivo e del rumore della risacca, con quello delle foglie giallastre ormai cadute, che oggi calpesto nel parco e lungo i viali della città.
Cerco conforto nel profumo e nella bontà delle caldarroste, della zucca, dell’uva: ultimi doni che la natura ci riserva prima di mettersi a riposo, pronta a rifiorire in primavera. Sono gli ultimi regali di questa stagione della vita, che mi aiutano a immaginarmi pronta a rinnovarmi, proprio come fa la natura.
Il desiderio di vivere comunque con intensità, con passione, senza sprechi, anche questa stagione di riflessione e attesa, mi porta a godere i ricordi con gioia, mai con rammarico.
Da bambina, mi piaceva molto osservare la mamma mentre si faceva bella, usava lo smalto o il rossetto. A volte mi permetteva di provarli, per poi farmeli togliere subito, dicendomi che “il rossetto invecchia, e tu sei una bambina, non devi sembrare una vecchia”.
Ora sono una signora che non ha paura di invecchiare. Vorrei non accadesse, certo, ma so che è inevitabile, proprio come l’alternarsi delle stagioni. Perciò, ogni mattina mi sveglio, programmo la mia giornata e… prima di uscire mi guardo allo specchio.
Non vedo nessuna ruga sul mio viso, non sento malinconia, perché indosso il rossetto che da qualche anno ho deciso di usare, incurante se possa far sembrare più grande la mia età. Il mio “Red Carpet” accende nel mio sguardo un’equilibrata arroganza, che mi fa sentire bene con me stessa, e mi permette di vivere con consapevolezza e serenità il mio autunno.
Mariarosa Battan