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ISTAT, in Italia anziani più longevi e numerosi


Varie, Welfare

L’Italia vive più a lungo, ma non necessariamente meglio. Il Rapporto annuale 2025 dell’Istat, presentato ieri alla Camera dal presidente Francesco Maria Chelli, fotografa un Paese in rapido invecchiamento, dove gli anziani rappresentano una fetta sempre più ampia della popolazione (24,7% nel 2025).

Al 1° gennaio 2025, la popolazione residente è scesa a sotto i 59 milioni, con un saldo naturale fortemente negativo: 370mila nascite contro 651mila decessi, per un disavanzo di 281mila persone. I dati  confermano un cambiamento storico: gli over 80 (4,6 milioni) hanno superato i bambini sotto i 10 anni (4,3 milioni). Solo 25 anni fa i ruoli erano invertiti, con i bambini che superavano gli anziani di 2,5 volte. Oggi, gli over 65 rappresentano quasi un quarto della popolazione (24,7%), mentre i ragazzi sotto i 14 anni sono appena 7 milioni, meno della metà.

Intanto, cresce il disagio nella sanità pubblica: nel 2024, quasi un italiano su dieci (9,9%) ha rinunciato a visite o esami specialistici, soprattutto per le lunghe liste d’attesa e i costi elevati. Il fenomeno è in aumento rispetto al 2023 (7,5%) e al periodo pre-Covid (6,3%). Nonostante ciò, la spesa pubblica per la sanità è salita a 137 miliardi di euro ma ancora insufficiente per rispondere ai bisogni crescenti di una popolazione che invecchia rapidamente.

Vivere più a lungo, ma con meno salute di qualche anno fa

Nel 2024 l’aspettativa di vita ha raggiunto livelli record: 81,4 anni per gli uomini, 85,5 per le donne. Ma dietro questo dato positivo si nasconde una realtà meno rosea. Le donne, ad esempio, vivono più a lungo ma in condizioni peggiori, perdendo oltre un anno di vita in buona salute rispetto al 2019.  In particolare per gli uomini la speranza di vita in buona salute è stimata nel 2024 a 59,8 anni, per le donne a 56,6 con un punto di minimo nell’ultimo decennio.

Anziani più tardi

Una buona notizia è che si è spostata in avanti l’età in qui si diventa anziani. Secondo l’Istat i 75enni di oggi possono contare di vivere in media lo stesso numero di anni dei 64enni degli anni 50 ma resta il divario fra territori e rispetto alla realtà socioeconomica

I nuovi anziani

Tra i fattori che caratterizzano le nuove generazioni di anziani, secondo l’Istat, spicca il livello di istruzione. Dal 1951 a oggi, il profilo per livello di istruzione della popolazione anziana si è profondamente trasformato. Se nel 1951 oltre l’80 per cento degli ultrasessantacinquenni non aveva alcun titolo di studio, nel 2021 questa quota è scesa al 5,9 per cento. Oggi la maggioranza degli anziani (62 per cento) ha almeno la licenza media, rispetto al 15,7 per cento del 1951).

Sempre più anziani soli

Le famiglie unipersonali rappresentano ormai il 36,2% del totale, un dato che cresce al crescere dell’età. Gli over 75, infatti, vivono soli nel 40% dei casi.  Solitudine, fragilità economica e difficoltà di accesso ai servizi rendono gli anziani soli una delle categorie più vulnerabili. Il problema è particolarmente acuto nel Mezzogiorno, dove le reti sociali sono più deboli e i servizi meno accessibili.

Povertà e vecchiaia: un binomio allarmante

Il 23,1% degli italiani è a rischio povertà o esclusione sociale, ma il dato sale al 39,8% nel Sud. Gli anziani che vivono con pensioni minime o senza un supporto familiare fanno fatica a far fronte ai rincari, specie per le spese sanitarie e domestiche. In questo caso la condizione economica precaria si somma a quella sanitaria, creando un circolo vizioso difficile da spezzare.

Non autosufficienza, un’emergenza sommersa

L’Istat lancia l’allarme anche sulla non autosufficienza, una realtà che riguarda anche migliaia di anziani. Gran parte dell’assistenza grava ancora sulle famiglie o su assistenti familiari privati. Il sistema pubblico fatica a rispondere, e una vera riforma della non autosufficienza tarda ad arrivare. I servizi territoriali sono ancora disomogenei e spesso insufficienti, specialmente nelle aree interne.

Un welfare da ripensare

Il Rapporto, indefinitiva, evidenzia una verità scomoda: l’Italia non è pronta ad affrontare l’invecchiamento della popolazione. Servono investimenti nei servizi domiciliari, sostegno ai caregiver, nuove forme di abitare come il co-housing e l’inclusione digitale degli over 65. Non bastano più interventi spot: serve una visione di lungo periodo per accompagnare l’Italia in questa transizione demografica.