Ok del ministero per AstraZeneca fino a 65 anni. Ecco cosa sta succedendo e le misure allo studio del governo Draghi
Mentre continua la vaccinazione degli over 80 e delle categorie a rischio con diverse modalità nelle regioni italiane, è arrivato l’ok del Ministero della salute che, con una circolare, autorizza la somministrazione del vaccino AstraZeneca fino ai sessantacinquenni. Sino ad ora, infatti, il vaccino poteva essere somministrato solo agli under 55 proprio perché se ne temeva la scarsa efficacia per le classi di età superiori. Gli ultimi dati sembrano invece smentire questa evidenza e anzi, da uno studio inglese sui vaccinati in Scozia si rileverebbe che il vaccino AstraZeneca riduce del 94% i ricoveri in ospedale dopo la prima dose, persino più che Pfizer (84%).
La decisione che innalza da 55 a 65 anni l'età di chi potrà ricevere il vaccino AstraZeneca è stata presa dopo il parere della Commissione dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ed è determinata "da nuove evidenze scientifiche che riportano stime di efficacia del vaccino superiori a quelle precedentemente riportate".
Le indicazioni della circolare ministeriale fanno seguito alle nuove raccomandazioni internazionali, tra cui il parere del gruppo SAGE dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), e alle precisazioni del Consiglio Superiore di Sanità (Iss).
13 milioni di dosi di vaccino in Italia per fine marzo
Per fine marzo l'Italia dovrebbe ricevere, da inizio campagna vaccinale, 13 milioni di dosi. Lo ha detto Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità durante una trasmissione su Rai 3. "La limitante di questa prima fase è stato il numero di dosi che sono state rese disponibili. Ne abbiamo avute 4 milioni e 700 mila, ne abbiamo usate circa i 3/4 - rispetto ai 6 milioni indicati inizialmente - altre 7 milioni e 700 mila sono attese a marzo. Per numero di dosi somministrate e popolazione siamo il secondo paese in Ue dopo la Germania, primo per popolazione vaccinata con doppia dose". Sulla possibilità di approvvigionarsi dai cosiddetti ‘intermediari’ che avrebbero offerto alle Regioni milioni di dose Locatelli ha chiarito:
"Immagino che i nostri servizi di Intelligence possano dare un contributo non irrilevante e fare tutti gli approfondimenti. Faccio fatica a credere che industrie come quelle che hanno il vaccino approvato abbiamo sostenuto meccanismi del genere”.
Il governo Draghi studia il modo di produrre i vaccini in Italia
Una via di uscita per aumentare le dosi di vaccino disponibile e accelerare la campagna vaccinale potrebbe essere quella di produrre i vaccini sul suolo italiano.
Giovedì al Ministero dello sviluppo economico ci sarà un incontro tra il ministro Giancarlo Giorgetti e il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi, proprio a questo scopo. Una strada in salita, questa, proprio perché la produzione di vaccini non è affatto facile e necessita di procedure complesse.
"Faremo il punto della situazione sulle possibilità di dare una mano", ha detto Scaccabarozzi, "diremo al ministro come si produce un vaccino e quali sono i tempi: un vaccino è un prodotto vivo, non di sintesi, va trattato in maniera particolare. Deve avere una bioreazione dentro una macchina che si chiama bioreattore. Insomma, non è che si schiaccia un bottone ed esce la fiala. Da quando si inizia una produzione passano 4-6 mesi".
Tutti i numeri dei vaccini fatti
Intanto, informa l’Ansa, l'aggiornamento quotidiano sul numero di vaccini somministrati in Italia registra che le dosi inoculate hanno superato i 3 milioni e mezzo. Delle oltre 3,5 milioni di dosi somministrate, 2.210.876 sono andate a personale sanitario e sociosanitario, 638.483 a personale non sanitario, 367.054 a ospiti delle Rsa, 261.444 a over 80, 24.902 a membri delle forze armate, 35.216 al personale scolastico. La maggior parte delle dosi impiegate, secondo dati del ministero della Salute, sono del vaccino Pfizer-Biontech (3.334.254), quindi Astrazeneca (110.016) e Moderna (93.705).
Il commento di Cna Pensionati
“Un attesa snervante e confusionaria, speriamo finisca presto”. Così il Segretario Nazionale di Cna pensionati Filippo D’Andrea sulla campagna vaccinale. “Comprendiamo che il taglio delle dosi non ha aiutato – ha chiarito – ora però ciò che vogliono sapere i nostri pensionati è quando, come e dove. Le Regioni hanno regole diverse come noto e spesso si crea confusione. Il mio medico di base può aiutarmi? A chi devo chiedere? Devo aspettare una chiamata? Queste sono le domande che ci rivolgono i nostri associati”. “Sarebbe il caso – ha concluso D’Andrea – dare delle linee guida e informazioni omogenee su tutto il territorio nazionale, l’ansia non aiuta e anzi finisce per far ammalare i più fragili e tutti coloro che, a un anno di distanza dalla pandemia, chiusi in casa, bombardati dalle cattive notizie, terrorizzati dalla malattia, sono già al limite”.